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La chiesa parrocchiale
L'attuale chiesa prepositurale di S. Giovanni Bianco venne edificata fra il 1857 e il 1864, sul luogo stesso dove sorgeva la vecchia chiesa, che fu in parte demolita per far posto alla nuova.
LA VECCHIA CHIESA
Grazie alla ricca documentazione esistente sappiamo per certo che l'antica chiesa parrocchiale era stata consacrata il 19 aprile 1447 ad opera del vescovo di Bergamo mons. Polidoro Foscari.
Di architettura gotica, presentava la singolare caratteristica di essere a due sole navate, divise da tre pilastroni, così che pareva essere formata da due chiese unite.
Delle due navate che davano forma alla vecchia parrocchiale, una, quasi sicuramente quella di sinistra, costituiva la primitiva chiesa di S. Giovanni Bianco, l'altra, invece, perfettamente uguale alla prima, era stata realizzata solo posteriormente. Questo si desume dagli “atti” della visita apostolica di S. Carlo Borromeo effettuata il 30 settembre 1575 alla parrocchia di S. Giovanni Bianco. Nel verbale della visita, infatti, a proposito della chiesa, è detto testualmente: “ …que est consecrata, et est in duas naves distincta, quarum altera est ecclesia vetus, altera vero fuit posterior condita et sunt equales
È lecito quindi supporre che nel 1447 il vescovo mons. Polidoro Foscari consacrò principalmente la seconda navata, costruita, appunto, per ampliare la chiesa primitiva, la quale potrebbe risalire, pertanto, addirittura, alla prima metà del '200. Questo, almeno, se dobbiamo prestar fede ad una pergamena del 15 novembre 1243, nella quale viene data per certa l'esistenza della “chiesa” di S. Giovanni Bianco.
Infatti in quel documento, nel quale sono descritti alcuni terreni situati nella contrada della Roncaglia Dentro, si accenna “ad senterum per quod itur ad ecclesiam Sancti Iohannis Blanci” . L'interno della chiesa è sempre descritto , talvolta in maniera veramente meticolosa, in tutti gli “atti” delle numerosissime visite pastorali (ben 15 nel solo periodo che corre dal 1536 alla fine del Seicento) compiute dai vescovi di Bergamo a S. Giovanni Bianco nei secoli passati.
Gli altari erano complessivamente nove. L'altare maggiore, inizialmente, era collocato nella navata sinistra, ma durante il '600, in seguito ad alcune trasformazioni effettuate all'interno della chiesa, esso fu spostato nella navata destra, dove rimase fino alla costruzione del nuovo tempio.
Gli otto altari laterali, quattro per parte, erano dedicati rispettivamente al S. Rosario - alla B. Vergine - a S. Giovanni Evangelista, patrono della chiesa - a S. Agostino - a S. Rocco - a S. Gottardo - a S. Sebastiano e a S. Nicola da Tolentino.
Nella parte di mezzogiorno, sotto il piano della chiesa, era stato ricavato l' “oratorio” dei Disciplini Bianchi, detti anche di “Santa Maria Maddalena”, al quale si accedeva scendendo da una scala, ma, essendo aumentato, col passare degli anni, il numero dei “soci” iscritti alla confraternita, dovette essere abbandonato. Così, nel 1652, sempre adiacente alla chiesa, sul lato sinistro e nei presso del campanile, a Nord, ne venne eretto uno nuovo, più ampio, oggi adibito a ripostiglio, nel quale si entrava attraverso una cappella laterale, quella di S. Agostino, che comunicava pure con la sagrestia.
Dopo alcune modifiche, realizzate alla fine del '700, all'interno del “coro”, all'inizio dell'800 si decise di dare una degna sistemazione alla cappella del S. Rosario, dov'era custodita la reliquia della S. Spina, che da allora perse questa denominazione per diventare, appunto, la “cappella della S. Spina”. Essa fu pertanto riedificata ed innalzata a doppio ordine di architettura. Vincenzo Orelli (1751-1813) dipinse la volta, mentre due quadri del pittore Antonio Morali, nativo di S. Giovanni Bianco, furono posti ai lati. Essi si conservano ancora nella cappella attuale.
La chiesa primitiva rimase a lungo senza campanile. Esso, infatti, venne innalzato solo nella seconda metà del '500, e questo non tanto per difficoltà di carattere finanziario, quanto, piuttosto, per le divergenze e le aspre divisioni nate in seno alla popolazione circa la forma e la struttura della cella campanaria.
All'esterno, nelle immediate vicinanze della chiesa e in zona coperta, si estendeva il cimitero, lungo tutto il lato destro della chiesa stessa, al termine del quale, verso la sottostante sponda destra del fiume Brembo, sorgeva la cappella o “torre” dei nobili Boselli (“vetustissimum sacellum de Bosellis”). In esso furono inumati i cadaveri fino al 1810, quando anche da noi ebbe piena applicazione il famoso decreto napoleonico di Saint-Cloud, che vietava le tumulazioni all'interno delle chiese o nei pressi di queste. Il cimitero venne poi interamente demolito per consentire l'ampliamento della nuova chiesa. Fu però risparmiata la cappella dei Boselli che, incorporata nella nuova costruzione, sarà inizialmente trasformata in ripostiglio.
LA NUOVA CHIESA
La costruzione della nuova chiesa fu dettata, soprattutto, da due esigenze: l'aumento notevole della popolazione verificatosi nel sec. XIX e la volontà dei fedeli di offrire un degno santuario alla S. Spina della corona di Cristo che si conserva e si venera nella chiesa stessa. A tutto questo si aggiunga il fatto che il vecchio edificio mostrava chiaramente anche nelle sue strutture i segni dell'inesorabile trascorrere del tempo.
A proposito delle condizioni in cui si trovava la vecchia parrocchiale agli inizi della seconda metà dell'Ottocento, lo storico Mosè Torricella,che allora risiedeva ancora a S. Giovanni Bianco, afferma, tra l'altro:
“…In questi ultimi anni, quando pioveva faceva mestieri che i sacerdoti sortissero dalla sacrestia sotto gli ombrelli per non bagnare i paramenti. E quante volte viddi io scender e salire per le cordicelle delle lampade i sorci a beversi l'olio!…” .
Il progetto della nuova chiesa fu predisposto dall'arch. Giuseppe Berlendis, che pochi anni prima aveva realizzato la chiesa parrocchiale di S. Anna, nel cuore della città di Bergamo.
La prima pietra della grandiosa costruzione venne benedetta e posata il 26 luglio 1857 dal vescovo di Bergamo mons. Pier Luigi Speranza. I lavori procedettero alacremente, pur tra mille difficoltà di varia natura (non va dimenticato che le chiesa fu eretta nel bel mezzo di un conflitto europeo, e precisamente durante la seconda guerra d'indipendenza, che segnò la fine della dominazione austriaca sul territorio lombardo…) e dopo più di sette anni poterono dirsi praticamente conclusi, almeno secondo il progetto iniziale dell'arch. Berlendis.
Non tutta la vecchia struttura venne demolita, anzi una parte notevole, la più interessante, venne salvata e incorporata nel nuovo tempio: l'abside, l'oratorio dei Disciplini Bianchi, la sagrestia, la cappella della Santa Spina, la “torre” dei Boselli.
La nuova costruzione fu benedetta da mons. Speranza l'11 marzo 1864 e subito aperta al culto. La chiesa, in stile neoclassico, è a tre grandi navate, a croce greca sotto la vasta ed imponente cupola di mezzo, avvolta all'esterno da un tiburio cilindrico.
Gli otto altari laterali che arricchivano la vecchia chiesa furono ridotti a quattro, due posti in apposite cappelle erette in fondo alle navate minori, accanto al presbiterio, dedicati, rispettivamente, alla S. Spina (a sinistra) e alla B. Vergine Immacolata o del S. Rosario (a destra). Due, invece, vennero semplicemente addossati alle pareti, uno di fronte all'altro, nei pressi delle due porte laterali, a sinistra quello di S. Luigi Gonzaga, a destra quello di S. Giuseppe.
In concomitanza con i lavori della nuova chiesa fu edificato, verso Nord, anche il superbo campanile, tutto in pietra viva e tetto in coppi: il concerto di otto campane in “do maggiore”, fuse nel 1867 dalla ditta Antonio Monzini, superò indenne la requisizione disposta dal Governo italiano nel 1943. Nel 1863 venne realizzato il nuovo organo, opera di Egidio Sgritta.
La facciata della chiesa (lasciata incompleta per difficoltà di carattere economico), con il suo monumentale pronao in marmo di Ardesio, pietra di Rezzato e pietra artificiale, fu innalzata negli anni 1909-1910 dall'ing. Broggi e dall'ing. Cesare Nava. Nel 1912, poi, venne rifatta la pavimentazione della chiesa.
La facciata della chiesa
Nel 1914 la vecchia sagrestia, ritenuta, ormai, oltre che vetusta, del tutto inadeguata ai bisogni, fu definitivamente abbandonata a adibita a ripostiglio. Nello stesso anno, su progetto dell'ing. Luigi Angelini, fu edificata quella attuale sul lato destro della chiesa e a fianco del presbiterio, utilizzando anche l'area sulla quale sorgeva la vecchia “torre” dei Boselli, la cui parete orientale venne conservata nella sua struttura originale. Con quest'ultimo intervento la parrocchiale aveva finalmente assunto il suo volto definitivo.
All'interno della chiesa, i dipinti più ragguardevoli sono costituiti da una tela con Madonna e i Santi Nicola e Apollonia del nativo Carlo Ceresa e da due tele con storie della Santa Spina di Antonio Morali (1830 c.), pure del luogo. Quella raffigurante il Sacro Cuore è di Antonio Guadagnini (1870). Gli affreschi dei quattro Evangelisti nei pennacchi e le vele della cappella della S. Spina sono di Giuseppe Carsana (m. 1889).
Quando nel 1931 la chiesa venne ritinteggiata, Nino Nespoli affrescò la Gloria di S. Giovanni nella cupola e la Trasfigurazione sul presbiterio, in sostituzione di tempere ottocentesche del Morali.
Nel 1932, infine, il famoso arch. Giovanni Muzio di Milano curò il nuovo altare e la cappella della Santa Spina.
Tra i “tesori” della chiesa sono da ricordare una croce processionale d'argento e bronzo dorato del '600; una pisside, un turibolo con navicella, un secchiello d'argento sbalzato e cesellato del '6-'700; un ostensorio d'argento tempestato di gemme del '700 e il reliquiario della Santa Spina del 1770.
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