La sezione  "A. MARIET"

di Giuseppe Giupponi  

 

In fondo alla piazza della chiesa, dove la piazza strozza ad imbuto, c’è la sezione del P.S.I.

Un locale ampio con i vecchi muri che si scrostano e, più in là, oltre un’apertura, un altro locale, stretto, basso, senza finestre, tutto pieno di libri, manifesti e cartelloni di propaganda.

E' la sezione "A. Mariet".

Stasera c’è l’assemblea degli iscritti: si devono discutere le tesi congressuali.

La sezione pian piano si riempie di compagni; del resto la questione all’ordine del giorno è della massima importanza. Ecco il segretario, alto e giovane.

Fra i presenti, i più sulla quarantina, ci sono alcuni giovani, tre ancora ragazzotti, c’è qualche pensionato, c’è una donna belloccia e una ragazza graziosamente bionda.

Arrivano due dirigenti della Federazione provinciale: grassoccio e gigioneggiante il segretario, pressapoco il vice anche se più giovane e più corto di convenevoli.

Il segretario presiede l’assemblea.

Il dibattito inizia in sordina, poi guadagna vitalità e si fa serrato. Tutti i compagni sono interessati e molti si sono messi in nota per parlare.

Ha appena iniziato a parlare il compagno Locatelli, consigliere comunale, ma io non sto attento. Da qualche minuto, ormai, non seguo più il dibattito.

Ho in mano un quadernetto.

Scritta a mano, c’è la storia del partigiano Mariet.

Ho iniziato a sfogliarlo senza che me ne accorgessi, giusto per quell’abitudine mia di leggere tutto ciò che mi capita per le mani.

Il Mariet era un buon uomo, figlio di un vecchio socialista. A lui la guerra non andava giù. Lui doveva pensare a far crescere la sua Giovanna.

Prima c’era anche l’Antonia ad aiutarlo, poi lei se ne era andata dietro ad uno, sbarbato e bullo, della città.

Il Mariet c’era rimasto male, ci aveva anche sofferto e bestemmiato sopra, poi s’era abituato e aveva smesso di cercarla. Ed ora c’era la guerra che l’avrebbe staccato anche dalla figlia. 

Cosi avvenne.

Venne sbattuto in Francia, in Grecia e in Russia, a uccidere con gli alpini, lui con quella sua voglia di affetto e di amore.

Venne il ‘43 e, l’8 settembre, il Mariet divenne partigiano. Si era trovato con un gruppo di sbandati, alpini e fanti per lo più, e con degli slavi, ex prigionieri.

Qualche scontro a fuoco, un’imboscata ad un carro tedesco e poi il rastrellamento.

Un battaglione di paracadutisti tedeschi, accompagnati sul posto da uno spione fascista, sorprese la banda distruggendola.

Il Mariet ce la fece a scappare e da allora vagò, solo, fra i cascinali sparsi della pianura, finchè, in primavera, si ritrovò con altri giovani in una formazione partigiana efficiente e ben armata: la 86° Brigata Garibaldi.

Nel mezzo della guerra partigiana, fra gli attacchi, gli scontri, le imboscate e le marce, brillò la stella del partigiano Mariet. Trascorse la primavera, trascorsero l’estate e l’autunno e venne l’inverno, il freddo inverno del’44, il vero nemico dei partigiani. Con altri compagni il Mariet era calato al piano trovando rifugio in un vecchio mulino, poco distante dal paese.

E qui lo vinse la malinconia.

Una sera, appena dopo Natale, non resistette al desiderio di rivedere la sua Giovanna.

Non disse nulla al comandante. Se ne andò al termine dell’ora di guardia.

Prese il "parabello", si fermò alla bottega del merciaiolo, comprò una bambola e si rimise in cammino.

Strisciò lungo il muro della masseria della contessa, entrò nel vicolo e fu davanti all’uscio, sali di corsa le scale ed abbracciò la sua Giovanna.

L’abbraccio fu lungo e stretto; il babbo stringeva forte la sua Giovanna che sentiva contro di sè il calore della sua carne. Ma le fece orrore il freddo dell’acciaio dello "sten" contro la pelle e si ritrasse.

Il babbo le porse la bambola. Padre e figlia si riabbracciarono. Poi il Mariet se ne andò.

Giù di corsa le scale, di corsa in giardino ed eccolo sull’uscio. Due gradini e una raffica. I fascisti, quattro della brigata nera, lo stavano aspettando nascosti nel vicolo. Nemmeno tentarono di farlo prigioniero, lo vollero uccidere.

Intanto, di sopra, la sua Giovanna si era addormentata con la bambola fra le mani.