Sacra Spina  anni '40

La jeratica presenza, nell'istantanea, di monsignor Adriano Bernareggi, Vescovo di Bergamo dal - se non ricordiamo male - 1935 al 1953, già ci parla d'una festa della Sacra Spina risalente a un'epoca ormai lontana. A inquadrarcela in maniera cronologicamente più esatta appaiono però decisive le uniformi dell'ufficiale e degli alpini che fanno da scorta d'onore al presule in benedicente cammino verso la prepositurale: esse, come non sarà sfuggito ai meno giovani, sono quelle d'ordinanza nel Regio Esercito durante la seconda guerra mondiale (dopo l'avvento della Repubblica -1946-, i nostri soldati, dato un addio al grigioverde e alle fasce mollettiere, vestirono in kaki all'inglese).

Sessant'anni ci separano dunque dal click scattato dal fotografo Sacchi (dell'omonimo Studio artistico) in via Carlo Ceresa. Tempi durissimi, di lacrime e sangue, come li sintetizzò uno statista d'allora. Ma tempi anche di fede schietta, di speranza viva, di preghiera ardente, di solidarietà umana non simulata.

Giunti a fiumane in treno - la ferrovia di Valle Brembana organizzava per la straordinaria occasione parecchie corse suppletive -, in bici e, soprattutto, a piedi, i pellegrini, frammisti ai sangiovannesi, affollavano la chiesa durante il solenne pontificale, s'accalcavano al bacio della reliquia, s'addensavano a fare ala alla processione oppure la infittivano partecipandovi.

Al tradizionale inno della Spina ("Exite, Sion filiae...") s'alternava un canto di struggente invocazione, assai popolare in quegli anni drammatici. Il ritornello faceva (pressappoco): "Dio di clemenza, Dio salvator, / Salva la Patria nostra pel tuo Sacro Cuor...". Regina Pacis, ora pro nobis. Nessun gesto scomposto, niente disordini. Molti occhi lucidi, non solo femminili. Arrivata all'altezza del Ponte dei Frati, la processione ritornava sui suoi passi alla volta della parrocchiale


Bernardino Luiselli

 pubblicato su "Bollettino Parrocchiale".