"Quando incontravamo la Duse"
E' rifiorito il glicine sulla terrazza deserta del "Valle Brembana", a specchio del fiume che quassù la diga dell'Enel espande in minuscolo lago. Passeri e ballerine dalla coda vibrante zampettano all'ombra del pergolato fra un volo e l'altro, ultime presenze di vita nell'albergo in disarmo. Sbiadisce il giallo-mariateresa della facciata come il verde delle persiane e delle porte, chiuse da un decennio. Ricordano un piccolo mondo scomparso questi muri. Li edificò, sullo scorcio della Belle Époque, un imprenditore fiducioso nel futuro turistico di S. Giovanni Bianco: previsione non azzardata per il "grosso e signorile villaggio", sito "in una ridente posizione là dove meno angusta è la vallata" (Maironi da Ponte: <<Dizionario Odeporico della Provincia di Bergamo>>, 1820).
L'autore del baedeker tenne nella penna, però, che villeggiare lassù costava assai meno che a San Pellegrino, Marienbad delle Orobie. Anche per questo motivo l'antico borgo della Spina divenne soggiorno prediletto per artisti e poeti, insofferenti -a loro dire- di mondanità e bramosi di vita en pleine nature. Tale giustificazione, tuttavia, dovrebbe credersi al di sopra di ogni sospetto per Eleonora Duse e Arrigo Boito che, nel 1887, nel pieno del tenero loro liaison, scelsero il paese di Arlecchino per le vacanze. Le trascorsero, "in serena e armoniosa letizia", alloggiando in una casetta affacciata allo stradone per Bergamo.
Anche Paola Borboni - correvano i "ruggenti anni '20" e la longeva attrice, allora giovanissima, era uno schianto di bruna Boccasile - amò riposare qui dalle fatiche teatrali. Il periodo tra le due guerre rappresentò il clou della fortuna turistica sangiovannese, solo in parte legata a quelle della vicina cittadina termale.
Da Giugno a Settembre i "forestér", scesi a frotte dai vagoni liberty della ferrovia che dal 1905 collegava la valle al resto del mondo, affollavano il paese, ospiti, secondo la dimensione della rispettiva borsa, dei tre alberghi - al "Valle Brembana" s'erano aggiunti il "Girardelli" e lo "Stazione"- e delle ventitrè locande e trattorie - tante ne registrava una "guida" dell'epoca - oppure d'appartamenti presi a pigione. Ma qualcuno arriva sulla <<Lamda>> o l'<<Isotta Fraschini>>, guidata dallo chauffeur-maggiordomo. Erano i proprietari delle ville, floreali o a chalet, adagiate nei parchi in riva al Brembo: aristocrazia cremasca e alta borghesia bergamasca e milanese.
Frammischiandosi al notabilato locale più à la page, dava vita all'establishment. Il quale aveva il suo centro di riferimento al "Valle Brembana" ( "Valle" tout-court per i sangiovannesi doc). L'hotel - al quale Benatzky, l'operettista boemo, avrebbe potuto ispirarsi per il suo "Al Cavallino Bianco" - intonò negli anni '50 il canto del cigno. Fu un tramonto dorato.
Nell'immediato dopoguerra, l'albergo venne rilevato da Massimiliano, un ebreo viennese scampato alla persecuzione hitleriana e dal cognome irto di c, di z e di g come se ne trovano solo nella cosmopolita capitale austriaca. Dotò il locale d'un campo di bocce e ne riattivò la sala biliardo e il salone da ballo.
Grazie al suo savoir-fare e alla sua perizia in cucina, riuscì ad attirare al "Valle" anche la frangia più conservatrice del notabilato, dedita - nei dì festivi- al culto dello scopone scientifico. Durante una serata danzante - l'orchestrina nel salone a media lux aveva attaccato "tu sei per me la più bella del mondo", lento galeotto di Don Marino Borreto jr - il figlio d'uno di questi samurai della primiera s'era furtivamente eclissato sulla terrazza sotto il pergolato, in dolce compagnia, naturalmente. Sul podio, adesso, chitarra elettrica, pianoforte e clarino ci davan dentro con "Amado mio". Perciò... ma, sul più bello, ehm-ehm due colpettini di tosse, come ai bei giorni di Sissi e Franz Joseph Schönbrunn, e: "la signorina è accaldata e senza scialle e potrebbe prendere raffreddore", disse herr Maximilian, apparso misteriosamente dietro la coppia, la sigaretta nel lungo bocchino a illuminare i baffetti alla kaiserjager sotto il naso semita, doppiopetto gessato. L'intraprendente garzone e l'avvenente sua dama, abbozzando, rientrarono nel salone. Lui, con la coda dell'occhio, fece a tempo a scorgere l'austero genitore che - dal salotto dei giucatori di scopa - usciva a sua volta sotto il glicine a riposar la mente dalle fatiche dello speriglio. A quei tempi, i padri, del fatto che i loro rampolli si dedicassero a certe performances alla Cirano de Bergerac (quelle del bacio), magari se ne compiacevano nell'intimo, ma, vivaddio, che non venissero a farle proprio sotto i loro occhi.
Una storiella che sarebbe forse piaciuta ad Eleonora ed Arrigo. La loro casa, ormai in rovina, è stata demolita alcuni mesi fa. Massimiliano rientrò a Vienna giusto in tempo per essere eliminato, ultanovantenne, nell'ospedale-stalag che fece parlare la cronaca nera alcuni anni orsono. C'est la vie. La vie?
Bernardino Luiselli
pubblicato su " L'Eco di Bergamo", 26/07/97